SANDRO FOTI


Vai ai contenuti

New York City

VIAGGI

I miei Viaggi: 40th ING NEW YORK CITY MARATHON 2009

Yes, you can!
42,195 km

La Maratona delle Maratone


La preparazione
Gennaio - Ottobre 2009.
La preparazione ad una maratona deve necessariamente partire con discreto anticipo e occorre anche preparare un adeguato piano di allenamento. A questo, anche per i principianti come me, vengono in aiuto alcune riviste specializzate e molto si trova in Internet. Ma è veramente molto importante che prima di cominciare una qualsiasi attività sportiva, anche a livelli amatoriali, occorre eseguire una preventiva visita medica sportiva.
La rivista Runner's World pubblica tutti i mesi tabelle per professionisti e principianti, informazioni tecniche sui materiali e sulla preparazione, ma soprattutto sprona tutti alla corsa!
Durante i dieci mesi di preparazione, non sempre ho potuto seguire le mie tabelle. Soprattutto per problemi di lavoro o viaggi. Ma questa, sappiamo tutti, non è una scusa valida! Ho anche inserito come preparazione la Stramilano e la Corri Lambro, senza per altro tralasciare un minimo di allenamento per la MTB.
Scarica le tabelle e i consigli raccolti in questi due file pdf: "
Obiettivo Runner Primi Passi da Runner's World" e " La maratona di New York per tutti di Pizzolato e Linus".

Giovedi 28 Ottobre 2009 - Malpensa Airport.
Arrivo puntuale all'area gruppi dell'aeroporto. Siamo già un centinaio, riconoscibili dal colore delle felpe o dai giubbotti. Al check-in per ragioni di sicurezza mi domandano se ho preparato personalmente il bagaglio e se l'ho mai perso di vista. L'addetto scorre lentamente tutti i numerosi visti sul mio passaporto. "Sono viaggi di lavoro" dico e lui "certo, non si va in Nigeria o in Arabia Saudita per vacanza!".
Arrivo a New York nella stessa serata di giovedì. Per la ricerca dell'hotel a New York, o meglio a Manhattan, il sito di trivago è stato utilissimo, anche per la precisa informazione turistica e sono ancora in tempo per andare al Javit Center a ritirare il pettorale. Infatti il Javit Center che è una fiera, dista pochi isolati dal mio albergo. Occorre mostrare il passaporto per accedere all’area e poi la stampa del Form di rilascio, che ho ricevuto per posta. I desk sono suddivisi per colore e numero. Io sono al settore verde e i numeri dal 42000 al 43000.
La gentile signora mi consegna una busta con il pettorale ed il chip per il controllo dei passaggi. Una scarpa sul tavolo spiega come montare e fissare il chip. Poi mi consegnano l’invito al Pasta Party di sabato sera offerto dalla Barilla. Proseguo ad un altro desk per attivare il chip. Qui la busta viene appoggiata su una apparecchiatura elettronica e su uno schermo leggo al fianco del mio nome “accepted”. Per finire, in un altro desk, ricevo la maglietta ufficiale della maratona, il numero e la maglietta del International Friendship Run e dei gadget.
E’ stato conveniente ritirare il pettorale già giovedì sera, perché pare che la fila il venerdì sia molto lunga. Uscendo si attraversano vari stand di società e materiale sportivo.

Venerdì 29 Ottobre 2009 - Manhattan.
Di buon mattino abbiamo appuntamento in Columbus Circle per alcune foto.
Qualcuno del gruppo fa una corsetta di allenamento intorno al laghetto (cioè meglio dire lago) in Central Park. Quello del film “Il maratoneta” con Dustin Hofmann.
Poi decido di iniziare una visita della città.
A girare per Manhattan sembra di essere immersi in un film tra grattacieli enormi, strade larghe, miriadi di taxi e gente con il caffè bollente in un bicchiere grande come una Coca Cola media. Poi le luci delle insegne e infine la scintillante Time Square.
Prima tappa è l’Empire State Building. 102 piani! Cioè 3 volte il nostro grattacielo Pirelli a Milano. C'è molta coda da fare, soprattutto per i numerosi controlli di sicurezza, ma ho scelto un buon momento. A volte la fila esce dal fabbricato e continua per due lati del marciapiede. Con due diversi ascensori, si raggiunge dapprima l'86° piano, da dove una terrazza aperta mostra l’immensa vista dall’alto della Big Apple. Poi con un terzo ascensore, manovrato dal lifter in divisa, raggiungiamo 102° piano.
Anche se sono molto attratto da questa fantastica città, non voglio però stancarmi troppo, “distruggendomi nello shopping”, prima della corsa.

Sabato 30 Ottobre 2009 – La conferenza.
Questa mattina, in Manhattan, si svolge una breve corsa di quattro chilometri, sponsorizzata dalle compagnie aeree. La International Friendship Run. La partenza è presso il Palazzo dell’O.N.U. Molti concorrenti la gradiscono per una rifinitura della propria preparazione prima della corsa vera e propria di domenica.
Per questa occasione moltissimi concorrenti vestono, non i classici indumenti sportivi, ma costumi tradizionali del proprio paese di provenienza. Molte sono le foto che ritraggono insieme in un unico scatto i partecipanti di diverse nazioni. Tra i più stravaganti c’è che si è costruito la torre Eiffel in legno alta due volte lui e ci corre dentro. Un bambino sulle spalle del padre indossa un cappello blu un po’ di lato, in una mano la bandiera francese e nell’altra una baguette. Poi gli scozzesi col kilt e cornamusa e i giapponesi vestiti da Manga e Ninjia e i peruviani con il sombrero. Poi c'è Wonder Woman!
Dopo la partenza di questa breve corsa, decido di continuare la mia visita della città. Il Rockfeller Center è la mia tappa successiva. La pista di pattinaggio sul ghiaccio, circondata dalle bandiere di tutte le nazioni, è già gremita di newyorkesi. A poca distanza raggiungo la Cappella di St. Paul e ne approfitto anche per fare un giro all'interno.
Nel pomeriggio abbiamo appuntamento allo Sheraton NewYork per la conferenza con Orlando Pizzolato, vincitore delle Marathon dell’1984 e 1985. E' qui per spiegare i dettagli della corsa e rispondere alle numerose domande. Insieme a lui c’è anche Linus (di Radio Deejay) anche lui maratoneta, meno tecnico di Pizzolato, ma più simpatico! Perlomeno più incoraggiante.
A sera, poi il “Pasta Party” offerto dalla Barilla a tutti i 44000 atleti. L'invito che ho ricevuto al centro Javit riporta un orario ed è assolutamente necessario rispettarlo. Qui nel Central Park sono stati allestiti, all’interno di grandissimi tendoni, centinaia di tavoli. Così che, raccolta una serie enorme di diversi tipi di pasta e condimenti, si può assistere seduti ad un intrattenimento musicale con ballerine. Tra il pubblico ci sono atleti da tutto il mondo! Poi mela, gelato, yogurt, ma non mangiamo tutto. La tensione per la gara di domani si fa già sentire. Quindi abbastanza presto, e diligentemente, torniamo in albergo. Domani dobbiamo svegliarci presto!

Domenica 01 Novembre 2009 – THE RACE
Sveglia alle 04:30. Il telefono suona in tutte le stanze dei partecipanti alla maratona. In breve sono pronto. La sera prima avevo già predisposto tutti gli indumenti.
Ci ritroviamo tutti nella Hall dell'albergo e in gruppo saliamo sui pullman che ci portano all'imbarcadero di Battery Park alla punta sud di Manhattan. E' ancora buio, quando passiamo davanti a Ground Zero. Ci imbarchiamo, quindi, sul battello per raggiungere Staten Island. L'organizzazione americana è fantastica! I 44.000 podisti provenienti da tutto il mondo si muovono velocemente e senza intralcio. Ho vicino un amico di Genova, anche per lui è la prima volta qui a New York. Navigando, alla nostra destra passiamo davanti alla Statua della Libertà.
A St. George saliamo su un pullman, che insieme ad altri fanno spoletta con il forte militare di Wadsworth, sotto il ponte di Verrazano. All'ingresso occorre mostrare il pettorale, poi seguiamo le frecce indicanti il settore verde. Sono predisposti tre colori: il blu, il verde e l'arancione (non il rosso, per accontentare lo sponsor principale). Ogni colore è suddiviso in tre ondate (waves) ed in ogni ondata si accede attraverso sette cancelli. Tutto è riportato con scritte, colori e simboli sul pettorale.
Consegniamo ai camion UPS il nostro sacchetto, predisposto dall'organizzazione, con gli indumenti che ci verranno consegnati all'arrivo in Central Park; quindi accompagno l'amico di Genova al suo Corral. Io partirò nella seconda wave, venti minuti dopo lui. Nei grandi prati sono stati predisposti dei gazebo con musica ed alimenti per la colazione; noi però abbiamo in tasca i nostri alimenti di cui ci fidiamo. I donuts che ci offrono non vorrei che mi rimanessero sullo stomaco.
Fa un po' freddo, e come tutti indosso una giacca che, come la tradizione vuole, abbandonerò al momento della partenza, che verrà raccolta dai ragazzi dello staff e data in beneficenza ai barboni della città.
Con l’adrenalina alle stelle prendo posto nella mia sezione nel serpentone dei 44.000.
Sto per correre i 26.2 miglia (42.195 Km) della ING New York City Marathon 2009, la Maratona delle Maratone, con la consapevolezza che sto partecipando ad un evento sportivo fra i più famosi al mondo.
E’ un po' nuvoloso, ma non piove, quando un colpo di cannone decreta la partenza della 40th Marathon sulle note musicali della celeberrima “New York, New York”. Occorre frenare l'emozione, mentre volano in aria gli indumenti che ci scaldavano fino a poco prima.
La partenza è in salita per i primi ottocento metri e il vento gelido non ci aiuta con le gambe ancora fredde per la tanta attesa.
Guardo a sinistra all’orizzonte la sagoma dei grattacieli di Manhattan, là c’è l’arrivo. Accidenti, quanto sono lontani! Il ponte a differenza di quanto sentito non oscilla, forse perché le partenze sono suddivise in diverse ondate o forse bisognerebbe fermarsi per averne la sensazione.
Giù dal ponte siamo a Brooklyn. Difficile descrivere la sensazione di correre tra due ali di folla urlante e festosa che ti tende le mani nella attesa di un "gimme five" o di un sorriso e non puoi sottrarti a tutte quelle mani grandi e piccole che ti si parano davanti.
Non mi sembra neanche di correre, mi sembra di partecipare ad una festa. Capisco che questa non è una Maratona da tempo, ma una festa di tutti.
Ci sono persone di ogni età e colore. Qualcuno aspetta il passaggio di un conoscente, ma la grande maggioranza è lì per tutti noi e sventola cartelli tipo: “Pride is forever”, “You are the Greatest!”, “Go Runners!”. E poi le urla “Lookin’ Good!”, “Come on!”, “Go!” e "Run! Run!".
Personaggi vestiti in modo stravagante mandano in delirio la gente. Ho visto Superman passarmi baldanzoso e poi l'ho risuperato, qualche chilometro dopo, mentre andava al passo!
Il tifo di New York non ha eguali, sicuramente in Italia, ma forse anche in tutto il mondo.
Difficile non emozionarsi. Corro, a volte con un braccio alzato, davanti a quella moltitudine di volti che scorrono veloci, cercando di accontentare tutti con un seppur breve contatto con la mano, un sorriso o un saluto.
In molti, vedendo la mia maglietta colorata e con scritto in grande ITALIA, esplodono in festeggiamenti ancora più calorosi gridando forza ITALIA con l’accento americano, nella baraonda generale.
Un’orchestra suona YMCA. Tutto il pubblico lungo la strada la balla, ma anche tutti noi runners al passaggio davanti a loro!
In molti offrono bicchieri d’acqua, spicchi d’arancio, caramelle e banane. Qualcuno anche birra! O più semplicemente fogli di Scottex-Casa per asciugare il sudore!
In realtà i ristori ufficiali sono così frequenti che non si sente il bisogno di nulla, ma il fatto che la gente si sia organizzata comperando cose da offrire per il giorno della maratona fa commuovere.
Il primo ristoro con acqua e Gatorade è al terzo miglio. Quasi non mi sono accorto, ma ho già fatto 5 chilometri! I ristori poi si susseguono ad ogni miglio.
L’avvio entusiasmante e l’imprevista atmosfera di gente esultante ai lati della strada, mi ha fatto controllare il cronometro solo dopo 10 chilometri. Mi accorgo che il mio ritmo di corsa è superiore alle mie reali possibilità. Ma mi sento bene.
Una scalinata di una chiesa è occupata da afroamericani che ballano e cantano allegri Gospel. Più distante, un palco improvvisato in cui suona un’orchestrina con tanto di leggio per lo spartito.
Un ragazzo tra il pubblico, al mio sopraggiungere, legge “Italia” sulla mia maglietta ed inizia ad incitarmi come farebbe un tifoso di calcio al gol decisivo della finale dei mondiali! Fa questo per me, e non mi conosce neanche!
I cartelli poi, di tutti i tipi dai spiritosi a quelli di incitamento. Su uno c’e scritto, sotto una grossa freccia: “Shortcut for Central Park”. Molti altri con la scritta “Yes, you can”.
Ecco il dodicesimo miglio (20 km). L'organizzazione controlla con il chip i passaggi ad ogni miglio e ogni 5 chilometri. Alla mezza maratona guardo ancora il cronometro. Sono a due ore. Per me un tempo da record! Ma…, "
Vai piano all’inizio, altrimenti rischi di non concludere la gara!” era il suggerimento di Pizzolato.
Passiamo il Polansky Bridge e ci immettiamo nel Queens. Cambia la fisionomia del pubblico, che qui è in prevalenza ispanica, ma non cambia il calore della gente, musica dal vivo, le bande dei rioni e le radio dei rapper a tutto volume.
Supero dei vigili del fuoco newyorkesi, fanno il tifo anche loro! E ancora i genitori con i bambini in braccio che allungano le manine per fargli dare il cinque.
Poi mi supera la “lepre” delle 4 ore e 30 minuti e mi demoralizzo un po'.
Dopo il Polansky Bridge è tutta un'attesa. So che sta per arrivare il ponte maledetto, lo spartiacque tra la maratona spensierata e quella di fatica, il Queensboro Bridge.
Imbocco il ponte scuro, freddo, tutto di ferro, in salita senza gente e senza tifo. Comincio a sentire la fatica e alterno qualche tratto al passo. Il ponte sull'East River ha la pavimentazione in grigliato, ma dove corriamo è stato steso un tappeto.
Uscito dal ponte percorriamo un tornante per immetterci sulla First Avenue in Manhattan.
Qui è il delirio! Una folla immensa di gente, anche su delle tribune, fa un tifo da stadio con musica a tutto volume. Mi sono veramente emozionato e il cuore è salito a mille.
Ora siamo sulla First Avenue, in piena Manhattan. Il nome indiano significa: isola delle colline.
Incontro un amico del gruppo che sta zoppicando. Gli fa male un ginocchio ma continua. Un dottore dal ciglio strada gli si fa incontro e gli domanda qualcosa, lui fa no con la mano e rivolto a me dice “vai vai”.
Centinaia di dottori sono disposti lungo tutto il percorso, mentre il servizio d'ordine è assicurato dal personale del New York Police Department, alternato agli uomini del New York Fire Department con i loro caratteristici mezzi antincendio, ma la loro presenza è strettamente istituzionale nonché superflua. Infatti, frequentemente gli stessi poliziotti partecipano attivamente al tifo.
La First Avenue è lunga circa 3.5 miglia (5.6 Km) lunga diritta ed è tutto un saliscendi spacca gambe.
Prima del Willis Avenue Bridge, si passa nel quartiere di Harlem con le orchestrine che suonano sul ciglio della strada musica jazz, rock, country, balli latino-americani e... canzoni italiane!
Dopo il ponte si fa un breve passaggio nel Bronx e si torna a Manhattan per un lungo rettilineo sulla Fifth Avenue.
Mancano ora 8 chilometri. Adesso cammino per circa 500 metri e sento intorno a me il pubblico che mi incita. Ascolto le parole, ma questa volta non ho il coraggio di alzare lo sguardo dall’asfalto. Poi riparto, anche se le gambe sono praticamente dure.
Una cosa che i newyorkesi conoscono e apprezzano, è la capacità di ricominciare dopo la crisi.
Siamo davanti al Guggenheim Museum, si svolta a destra e si entra in Central Park… finalmente!
E’ finita? No, mancano ancora più di tre miglia, circa cinque chilometri, e sono i più duri, con continui saliscendi tagliagambe, perché in Central Park ci sono un paio di salitine leggere, ma con tutti quei chilometri nelle gambe, tutto si fa più difficile.
Bisogna tirar fuori tutte le energie residue per arrivare al traguardo. Intanto sono sempre di più i runners che si trascinano barcollando, qualcuno si appoggia alle transenne in preda ai crampi alle gambe.
Il pubblico continua ad incitarmi, ma ad essere sincero, adesso mi da un po' fastidio. Non ho mai corso prima d’ora quarantadue chilometri tutto d’un fiato!
Due ali di pubblico in delirio mi accompagnano nell’ultimo miglio. Sento anche l’incitamento in italiano: “Dai, Italia!... E’ finita!... Non mollare!".
Per un breve tratto si esce da Central Park per poi rientrarvi a Columbus Circle. Le ultime 400 yards. Ma quante sono 400 yards?
Negli ultimi metri il tifo è dalle tribune. Alzo le braccia, e chiedo un ultimo sforzo alle mie gambe, tagliando il meraviglioso traguardo di Central Park!
Faccio pochi passi, una signora mi mette al collo la medaglia, mi abbraccia e mi dice “good job!” e io la ringrazio.
Mi mettono la coperta termica e dopo due passi un altro la fissa con un pezzo di scotch. Ho ancora la testa imbottita di sensazioni.
In un attimo, tutti gli sforzi sono stati ripagati da una semplice medaglia, che non è d'oro, d'argento o di bronzo e solo una medaglia da finisher, ma te la tieni addosso come se fossi Baldini ad Atene!
Procedo lentamente e ricevo qualcosa da mangiare, una mela, un donut, delle noccioline e mandorle tostate. Poi dai camion dell'UPS devo recuperare la mia sacca con la mia felpa. I furgoni cominciano dal numero 1 e io, che ho il numero 42290, percorro ancora un chilometro in Central Park in un corteo festoso di atleti. Gli altoparlanti danno le istruzioni per i punti di raccolta e di uscita dal parco.
Dopo un po’ trovo i miei amici di avventura, tutti soddisfatti e contenti.
Guardo quelli attorno a me, qualcuno sorride, altri hanno una smorfia di dolore e camminano tenendosi una gamba.
Mi avvio ai pulmann che fanno il giro degli alberghi, per il rientro. Gli assistenti sono gentilissimi.
Questa di New York è stata la mia prima maratona. Più che un gesto atletico, un'avventura straordinaria!
Spettacolare, un’emozione mai provata. Sono stanchissimo ma felice di esserci, di averla fatta e di averla finita!!!

La sera al Palazzo dell'O.N.U.

Ho il tempo di fare una doccia in albergo e di rilassarmi un po' e a sera partecipo alla cena di gala al Palazzo dell’ONU alla presenza di Pizzolato, il Console italiano, il rappresentante dell’Unicef e l’on. Lupi (qui non come politico, ma in veste di Runner). Siamo un migliaio, tutti italiani. (in totale gli italiani alla maratona sono stati 3500).
Nel palazzo, in una grande sala, i tavoli sono disposti davanti ad un’ampia vetrata da cui si può ammirare tutta New York illuminata. Tutti noi finalisti indossiamo la medaglia, e su grandi schermi vengono proiettate le immagini della corsa appena svolta.
Siamo sorpresi, quando Orlando Pizzolato annuncia di non aver completato il percorso.
Poi, per concludere la serata, vengono consegnati, attraverso un simbolico maxi assegno, dei soldi raccolti, al rappresentante dell'Unicef.

Lunedì 02 Novembre 2009 – The Day After.
Ed è lunedì mattina, quando appena svegliato mi ritrovo con le gambe a pezzi. Da doverle spostare con le mani, almeno per scendere a fare colazione!
Ho l’unghia dell’alluce nera, ma è normale.
Vado a comprare il giornale perché già questa mattina saranno pubblicati i nomi e i tempi sul New York Times.
Già in alcuni negozi ci sono gli addobbi di Natale. Continuo così la mia passeggiata defaticante e vado al Rockfeller Mall. Su una scala incrocio un ragazzo, che come me si appoggia al corrimano. Ci guardiamo e ci viene da ridere. Nel pomeriggio, però, rimango in albergo, perché veramente non ce la faccio a camminare.

Martedì 03 Novembre 2009 – Turista.
Questa mattina sto già meglio. La passeggiata di ieri ed il riposo pomeridiano mi hanno fatto bene.
Questa mattina prendo il metrò (2.50 dollari) e vado a Wall Street. Percorro le strade del Financial District, fino al leggendario ponte di Brooklyn. Poi ritorno verso la Broadway, passando per China Town e Little Italy, o Little China tanto si è espansa la comunità cinese a Manhattan.
Poi in Union Square molte bancarelle vendono le magliette con l’immagine di Obama.
Dopo pranzo torno in albergo. E’ giunta l’ora della partenza. In aereo, molti portano al collo la medaglia della Maratona e qualcuno indossa anche le scarpe da runner con il chip ancora attaccato.
Il titolo di questo mio racconto è "Yes, You Can". Questo è uno dei tanti incitamenti ricevuti dalla popolazione di New York durante la corsa, ma è anche un messaggio per tutti quelli che si prefiggono un obiettivo e che operano perché questo si possa realizzare.

Sandro Foti, maratoneta.

Da Staten Island a Central Park
Attraverso i quartieri di Brooklyn, Queens, Harlem, Bronx e Manhattan


PASSAPORTO
Occorre avere il passaporto in corso di validità e regolarmente bollato. Ai cittadini italiani non è richiesto il visto d’ingresso negli USA, purché il passaporto se è stato emesso o rinnovato prima del 25/10/2005, deve essere a lettura ottica. Se invece è stato emesso dopo il 25/10/2005, e fino al 25/10/2006 deve essere a lettura ottica ma con foto digitale. Se emesso dopo il 25/10/2006, deve essere un PASSAPORTO ELETTRONICO.
Dal 12 gennaio 2009 poi per essere imbarcati su un volo per gli Stati Uniti è obbligatoria la compilazione del modulo ESTA on line.
La compilazione è gratuita! Attenti perché in rete ci sono siti che richiedono dei soldi!
Senza questa autorizzazione non si viene imbarcati sui voli per gli Stati Uniti.
Lucchetti TSA. Negli aeroporti americani, il personale di sicurezza (Agenzia TSA) spesso apre i bagagli per verificarne il contenuto e se la valigia è chiusa con lucchetti, questi verranno rotti o forzati.
Chi volesse comunque chiudere a chiave il proprio bagaglio, deve utilizzare i "Lucchetti TSA" che sono dotati di un sistema speciale che permette agli addetti della sicurezza di aprirli senza danni. Questi lucchetti sono acquistabili nei negozi di valige al costo di 15 euro.

BAGAGLIO A MANO
Suggerisco di mettere le scarpe, le calze e l'abbigliamento da corsa nel bagaglio a mano. Se il bagaglio registrato viene smarrito, potrete comunque correre la maratona.



CORRENTE ELETTRICA.
Il voltaggio è 110 volt, con prese diverse da quelle italiane. E’ opportuno munirsi di adattatori a lamelle piatte. Se poi si acquista materiale elettrico da portare in Italia, si deve specificare sempre "for Europe".

TELEFONO. Si trovano telefoni pubblici ovunque. E’ consigliato munirsi di tessere telefoniche locali, prepagate. Il telefono cellulare europeo è utilizzabile solo se è di tipo "Tri-band" (freq. 1900) e se è abilitato al roaming internazionale.

ALTRE INFORMAZIONI UTILI:
IMPORTANTE!
E’ proibito cedere o vendere il proprio numero di pettorale ad altre persone. Tutti gli atleti che partecipano alla gara con il numero di un’altra persona saranno squalificati ed entrambe saranno banditi dagli eventi futuri della New York Road Runners, compresa l’ING New York City Marathon!
ORGANIZZAZIONE
Dopo 15 minuti dalla partenza dell'ultimo concorrente dal ponte di Verrazano, alcuni pulmann iniziano a percorrere il tracciato della Maratona raccogliendo chi sta male o chi non è più in grado di continuare. I pulmann si fermano 15 minuti ad ogni miglio e così via fino a Central Park. I concorrenti eventualmente raggiunti dai pulmann potranno decidere se salire a bordo o continuare. Se saliranno a bordo saranno accompagnati a Central Park, ma non riceveranno la medaglia. Se invece desiderano continuare dovranno fare il percorso nel traffico. Perché dopo i pulmann questo viene riaperto. L'organizzazione aspetta i concorrenti per un massimo di 8 ore.
Fare i "furbi" non è possibile perché ci sono controlli ad ogni miglio, ad ogni 5 km e saltuari. Il mancato rispetto delle regole comporta la squalifica e la impossibilità di partecipare in futuro.


COMMENTI DEI PARTECIPANTI:
“Continui a divertirti, ma anche a soffrire, perché New York è anche una delle maratone più dure.”
“Spettacolo puro. Il tifo che fanno è veramente da stadio.”
“Central Park South, la strada che porta al Columbus Circle, indimenticabile, bellissima e inimmaginabile da quante persone ci sono in quella via.”
“Una carica interiore, più forte di qualsiasi sofferenza, ti spinge in avanti.
La sofferenza in fondo, come scrivono qui sui cartelli, è temporanea. Quello che rimarrà, per sempre, è l'impresa che ho compiuto!”
“Cerchi di fare calcoli di conversione miles/km e non ci riesci, ma tanto ci pensa il microchip attaccato alla scarpa a notificare (via sms) a parenti e amici, come sto andando.”
“E la musica… La musica che ti accompagna dall’inizio alla fine.”
“I always say that being a spectator is harder than running” – Kimberly Uresk.

CONSIDERAZIONI FINALI:
Qui invece in Italia normalmente si corre fra la più totale indifferenza.
Il pubblico è solo in prossimità dell'arrivo, e per strada si ricevono solo gli improperi degli automobilisti bloccati nelle loro auto ed in attesa che gli imbecilli che corrono si tolgano presto davanti.


Home Page | AEROMODELLI | BICICLETTE | RADIOAMATORI | VIAGGI | FOTOGRAFIA | COMPUTER | MUSICA | LAVORO | IL FITNESS | IL GPS | Mappa del sito


Torna ai contenuti | Torna al menu