SANDRO FOTI


Vai ai contenuti

Satelliti

RADIOAMATORI

ITAMSAT è il primo satellite radioamatoriale digitale italiano.
La partenza avviene alle 02:09:24 UTC (ora di Greenwich) del 26 Settembre 1993, dopo una serie di rinvii, con il vettore Ariane 40 V59 del centro spaziale di Kourou (Guyana francese).
Dopo 24 minuti dal lancio ITAMSAT si è distaccato dalla piattaforma che lo sosteneva.
Alle 09:11 UTC dello stesso giorno, tramite un comando da terra è stato acceso il "beacon", ovvero il segnale di riconoscimento, sulla frequenza di 435.870 MHz. Sono stati così ricevuti i primi dati di telemetria per controllare che tutto a bordo funzionasse bene, ed è iniziata la ricarica delle batterie tramite i pannelli fotovoltaici. Il satellite è "sorto" a Milano dall'orizzonte alle 9:20 UTC.
È davvero incredibile constatare con quanta emozione sono stati ricevuti i primi pacchetti di telemetria provenienti dallo spazio; si trattava del momento della verità, quello in cui si possono buttare oppure coronare anni passati cercando di prevedere e pianificare tutto ciò che potrebbe succedere al satellite al momento di affrontare da solo lo spazio, ed ogni piccolo problema potrebbe significare la sua perdita.
Tutti i radioamatori del mondo erano stati pregati di raccogliere in forma grezza tutti i dati di telemetria trasmessi dal satellite nei suoi primi momenti di vita in modo da poter ricostruire esattamente come si fosse svolto il distacco dal vettore e l'ingresso in orbita.
Durante la seconda orbita è stata ricevuta la telemetria completa dello stato di bordo, e la potenza del trasmettitore è stata alzata a 700 mW; essendo tutto operativo, è cominciata l'operazione di caricamento del software di gestione.
Il nome definitivo è Oscar 26 (abbreviato IO-26, ove I sta per Italia).
ITAMSAT è un satellite appartenente alla fortunata serie dei Microsat, di cui ricalca abbastanza esattamente il progetto base, pur con qualche modifica.
Realizzato da un gruppo di radioamatori di Milano e di Trieste. Si tratta di parallelepipedo di 30 centimetri di altezza con base quadrata di 23 di lato, e pesante 10 Kg quasi interamente ricoperto da pannelli solari.
Le soluzioni tecniche adottate su questi oggetti sono semplici, ma ingegneristicamente incredibili. Si pensi che il movimento di rotazione su se stesso (spin) viene fornito dalle antenne che sono dipinte di bianco da un lato e di nero dall'altro; in questo modo la forza viene fornita dalla radiazione solare, mentre il campo magnetico terrestre evita che la velocità cresca troppo inducendo una forza contrastante su delle barre conduttrici di smorzamento poste all'interno. Il tutto ospita cinque ricevitori VHF per l'uplink (collegamento Terra-Satellite) e due trasmettitori UHF per il downlink (collegamento Satellite-Terra), tutti operanti in modo digitale (a 1200 e 4800 baud i primi, a 1200 e 9600 baud i secondi) che consentono il collegamento con i TNC normalmente usati dai radioamatori.
Inoltre è possibile per chiunque ricevere i dati della telemetria dell'esperimento portato a bordo: si tratta della misura della radiazione solare in certe bande di frequenza.
La telemetria trasmette anche lo stato interno dei moduli del satellite, permettendo la sorveglianza da terra del regolare funzionamento.
La sua orbita è a circa 800 Km di quota. Dispone di un BBS (Board Bulletin System) "Store&Forward", ovvero in grado di memorizzare messaggi provenienti da un punto della terra per poi scaricarli in un altro, quando vi passa sopra.
La massima potenza emessa è di 4 Watt; le antenne sono una quattro elementi "turnstile" per le frequenze UHF ed uno stilo ad 1/4 d'onda in VHF.
Per la sua localizzazione nello spazio occorre scaricare gli elementi kepleriani aggiornati da internet. Con queste informazioni ed un programma apposito è possibile calcolare sul proprio computer la posizione del satellite istante per istante.

Mi faccio il satellite (di Mario Chisari)
Progettare e lanciare un satellite è sicuramente un affare molto complesso, che richiede fortissimi investimenti, ben oltre la portata di un semplice hobbista. Eppure...
Amsat è il nome dell'organizzazione statunitense, cui fanno capo anche tutte le nazioni occidentali, che si occupa delle attività spaziali dei radioamatori.
La possibilità di utilizzare un "pied-a-terre" nello spazio per collegare i diversi punti del globo è sempre stata molto ghiotta per i radioamatori; ed in effetti grossi sforzi sono stati fatti negli ultimi venti anni sia dall'Amsat, che dall'omologa organizzazione ex-sovietica per lanciare un certo numero di satelliti.
Il loro scopo, sempre pionieristico, è da sempre di studiare il comportamento delle onde radio fuori dall'atmosfera; chiunque può facilmente ottenere informazioni sui vari modi operativi, ed impiegarle per soddisfare le propria curiosità. Lo spazio a portata di tutti, dunque; complice anche il tumultuoso sviluppo tecnologico degli ultimi anni che non ha risparmiato nessun settore.
Come al solito possiamo anche limitarci ad ascoltare; ed a costo di apparire noioso ricordo che per trasmettere su queste come su tutte le frequenze occorra rigorosamente una licenza di radioamatore. Tra l'altro mai come in questo caso l'appartenere ad un'organizzazione offre la possibilità di imparare cose nuove e realizzare imprese di grossa soddisfazione. Non più un utilizzo "trasparente" ed inconsapevole come tramite il telefono di casa, oppure una passiva e (relativamente) facile ricezione come è di moda adesso per la televisione, ma un utilizzo attivo che ci mette faccia a faccia con le sfide più appassionanti di vari settori scientifici.
Man mano che ci si addentra si incontrano infatti problemi di fisica, di elettronica digitale ed analogica, di antenne nonché di meccanica, sia celeste che... più prosaica; ed in tutti questi campi il computer fa ovviamente la parte del leone.
Ad esempio qualche anno fa l'inseguimento di un satellite non geostazionario (ovvero non apparentemente immobile rispetto alla terra) richiedeva l'uso di tabelle irte di numeri in cui erano listate la direzione in cui lo si poteva osservare calcolate ad intervalli regolari (tipicamente tra uno e dieci minuti). Queste tabelle erano lunghe, imprecise e valide solo per una particolare locazione geografica. D'altra parte, pochi potevano permettersi anche solo un personal che fosse in grado di svolgere questo compito.
Oggi invece è sufficiente essere in possesso di un file con gli "elementi kepleriani" (ovvero i parametri del tipo velocità orbitale, angolazione, eccentricità), aggiornabile da diverse fonti, inclusa le rete Packet (Internet parallelo dei Radioamatori), e comunque sufficiente nella maggior parte dei casi anche per mesi. Con la pressione di pochi tasti è possibile non solo vedere i satelliti di nostro interesse mentre girano attorno alla terra in tempo reale; ma si può addirittura affidare al PC il compito di controllare le antenne in azimut ed elevazione in modo da inseguire il nostro bersaglio, permettendoci di concentrare la nostra attenzione solo sulla ricezione anche durante i passaggi più rapidi.

I SATELLITI AMATORIALI

I satelliti lanciati dall'AMSAT sono caratterizzati dalla sigla "Oscar" seguita dal numero, mentre quelli ex-sovietici sono identificati da "RS", sempre seguita dal numero.
I primi satelliti erano dei semplici transponder ovvero dei dispositivi in grado di ritrasmettere semplicemente una certa fetta di frequenza su un'altra (in grado di funzionare indifferentemente sia in voce sia in telegrafia), ed erano muniti di un "beacon", ovvero un segnale continuo caratteristico per capire quando si è nella sua copertura radio. Man mano si è poi cominciato a differenziare e raffinare le varie funzioni, ad esempio l'invio della telemetria (stato operativo ed ambientale del satellite) in telegrafia od in RTTY (telescrivente), od addirittura in voce tramite un sintetizzatore vocale (come per il vecchio Oscar 9); di uso prettamente radioamatoriale le macchine in grado di chiamare e rispondere automaticamente in telegrafia (come sull'RS11), mentre interessanti per spettacolarità e facilità di ricezione sono le immagini terrestri, trasmesse per la prima volta dall'UoSat1/Oscar 9 (così chiamato perché realizzato dall'Università del Surrey, "University Of Surrey").
Da qualche tempo a questa parte l'interesse si è decisamente spostato verso le tecniche di trasmissione digitale, in primo luogo ovviamente il Packet. Mentre i satelliti RS hanno continuato a prediligere l'analogico, a partire da Oscar-14 tutti i satelliti lanciati dall'Amsat sono stati dedicati, a volte in esclusiva ed a volte meno, all'impiego digitale. Tramite essi sono state sperimentate varie tecniche di codifica dei dati, date le particolari problematiche poste dalla situazione (ad esempio effetto Doppler, ridotta potenza disponibile, durata ridotta dei collegamenti). Tutto ciò continua a farne un modo di operare particolarmente raffinato, che richiede una certa abilità e disponibilità di mezzi, ma soprattutto di passione; eppure, siamo ancora perfettamente entro la portata dell'hobbista. Ve lo sareste aspettato?

IL "MICROSAT"
Prima del disastro del Challenger del 1986, l'AMSAT, essendo un'associazione senza fini di lucro riusciva a far lanciare i suoi satelliti a costi ridottissimi, nonostante diventassero progressivamente più grandi e pesanti. In seguito a quel evento il programma Space Shuttle e tutta l'attività spaziale in generale ebbero un rallentamento, e fu molto più difficile riuscire ad ottenere un "passaggio" gratuito da un lanciatore. Si fece avanti così l'idea di realizzare dei satelliti di dimensioni molto contenute, grazie ai progressi avuti nelle tecniche di miniaturizzazione. Diversi di questi potevano trovare posto nello spazio altrimenti inutilizzabile di un razzo. A questi cubetti, dal lato di poco più di venti centimetri, fu dato il nome di Microsat. Lanciati i primi quattro nel 1990, essi hanno dimostrato una notevole affidabilità essendo tuttora in perfetta efficienza. Il più famoso di questi è forse l'Oscar 17, od DO-17. Esso invia in VHF sia segnali in voce sia in formato AX25 standard a 1200 baud. Esso è stato previsto per l'uso didattico anche da parte delle scuole di ogni genere.

VOCI E DATI DALLO SPAZIO: L'ESPERIMENTO SAREX
Da quello che si è detto finora sembrerebbe che la ricezione dello spazio sia tutto sommato ancora un affare al di fuori della portata del semplice curioso. Ma a volte lo spazio è più vicino a noi di quanto crediamo...
Quando nel 1985 agli astronauti dello Space Shuttle fu consentito di parlare liberamente anche a tutti i radioamatori che lo avessero voluto, la missione Shuttle passava dalla fase pionieristica a quella di utilizzo pratico. Un piccolo trasmettitore ed un'antenna furono caricati a bordo del veicolo spaziale per consentire le comunicazioni a titolo di esperimento. Fu un successo strepitoso. Con un piccolissimo ricevitore palmare ed un'antennina (dimensioni analoghe ad un cellulare) era possibile sentire il forte segnale della navetta durante i suoi passaggi. "DP0SL", il nominativo speciale creato per l'occasione, trasmetteva il suo messaggio in telegrafia, e qualche volta si sono sentite le vive voci degli astronauti, che invitavano alla comunicazione. Alla sera sui ripetitori il radioamatore fortunato di turno, già in possesso di un computer, dettava ai colleghi gli orari dei passaggi del giorno dopo...
Fu utile e piacevole anche per gli astronauti stessi; tanto che attualmente tutte le stazioni spaziali (SHUTTLE e MIR) comunicano regolarmente con i radioamatori, sia in voce che in packet. Così Serghej, il cosmonauta russo "dimenticato" sulla stazione MIR, durante i mesi trascorsi da solo nello spazio si è distratto ed ha fatto nuove amicizie.
Le "SAREX" (Space Amateur Radio Experiment, ovvero Esperimento di RadioAmatori nello Spazio) sono ormai presenti in tutte le missioni Space Shuttle; al di là del significato simbolico (ad esempio alcuni giovanissimi studenti italiani hanno potuto parlare agli equipaggi spaziali con le apposite stazioni speciali allestite nelle scuole), ciò testimonia come l'avventura spaziale stia diventando sempre meno un affare da cervelloni e sia sempre più alla portata di chiunque. Comunicazione globale vuol dire anche questo...
Se avete quindi un piccolo ricevitore VHF accendetelo su 145.550 durante le missioni Shuttle; non vi sarà difficile, con un po' di fortuna, sentire il suo segnale dallo spazio.
Il motivo di tanta facilità di ricezione sta nell'orbita della navicella, che viaggia ad una quota di circa 200 km, contro gli almeno 500 km degli più recenti satelliti amatoriali.
Spero di avervi comunicato almeno un minimo di conoscenze che vi faccia intravedere quali spazi (sia reali che metaforici...) siano ancora a disposizione dei Radioamatori.
... rimanete sintonizzati!

Home Page | AEROMODELLI | BICICLETTE | RADIOAMATORI | VIAGGI | FOTOGRAFIA | COMPUTER | MUSICA | LAVORO | IL FITNESS | IL GPS | Mappa del sito


Torna ai contenuti | Torna al menu